(Salvo Cona) Palermo. Il gioco come strumento di informazione per aiutare i migranti ospitati presso le strutture di accoglienza del SAI di Palermo, gestiti dal Consorzio Umana Solidarietà. I beneficiari hanno partecipato con molto interesse, apprendendo tutte quelle regole e quelle norme afferenti al mondo del lavoro che attraverso la partecipazione al gioco si rivelano di più chiara comprensione e di facile apprendimento. Ciò allo scopo di evitare che essi possano inconsapevolmente cadere nella deprecabile trappola dello sfruttamento lavorativo e del caporalato. Già apprezzato dall’Assessorato della Famiglia, delle Politiche sociali e del Lavoro della Regione Siciliana, con nota del 17 febbraio 2021, il progetto “Play to work” viene oggi annoverato tra le buone pratiche in materia di politiche del lavoro dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nell’ambito di attuazione del piano triennale del contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato. Non a caso “Play to work” si rivela oggi assolutamente avvincente per i risultati conseguiti e per i riconoscimenti avuti, perché è un progetto di educational training che propone dei contenuti informativi in modalità ludica, tanto che al “Play to work” gli viene riconosciuto, ai livelli più alti, quel valore formativo idoneo a favorire l’integrazione tra culture e il legame con il territorio, mettendo al centro la ‘persona’, con i suoi diritti e doveri, e la ‘comunità’ con le responsabilità collettive e politiche. La modalità di apprendimento è ‘face to face’, a contatto con i professionisti del mestiere: operatore legale, assistente sociale e mediatore culturale che proporranno una formazione partecipativa agli immigrati, agevolando l’apprendimento di nozioni e informazioni utili alla prevenzione dello sfruttamento lavorativo tramite dei moduli interattivi e con la partecipazione a un gioco da tavolo. L’attività ha anche la funzione di aiutare lo straniero a maturare da soli le risposte alle problematiche che con maggiore difficoltà tendono ad emergere.
La mediatrice culturale “multilingue” Manuela Scebba che, insieme all’assistente sociale Ulisse Privitelli, ha gestito il gioco tra gli ospiti di diverse nazionalità (riuscendo a renderli partecipi e protagonisti) ricorda che questo progetto ludico-ricreativo ed istruttivo è nato alcuni anni fa su input dell’ALS-MCL Sicilia, presieduta da Paolo Ragusa, per offrire (sotto forma di gioco) un’informativa sul diritto del lavoro, fornendo nel contempo quante più nozioni possibili sulla sicurezza sul lavoro, sulla normativa in materia di previdenza e su tutti gli ammortizzatori sociali previsti per il lavoratore, come l’assegno famigliare, la maternità, le ferie, i bonus, la disoccupazione e altro ancora, tutti diritti spettanti a ogni lavoratore che può goderne solo se innestato in un contesto di un’attività occupazionale garantita da un regolare rapporto e contratto di lavoro. Infatti, durante questo gioco vengono impartite nozioni sulle tipologie di contratti, sugli orari di lavoro, sul concetto di retribuzione e sulle possibili mansioni. Insomma, alla fine del gioco, i partecipanti vengono sensibilizzati sulla necessità di affidare il proprio futuro alla legalità e alla regolarità lavorativa. Pertanto il gioco risulta essere lo strumento più semplice per trasmettere le informazioni ai migranti e raccogliere le loro impressioni, apprendendo nel contempo gli strumenti che lo Stato mette in atto per contrastare quelle forme di sfruttamento che si possono verificare nell’ambito lavorativo. Insomma, diverse nazionalità unite da un obiettivo comune: integrazione nella legalità.
PALERMO. “Play to Work”: quando un gioco è utile ad informare su sfruttamento, lavoro e caporalato, i beneficiari del SAI 727 di Palermo